“Il processo di Norimberga” visto da Nicola Lofoco
Quasi 80 anni fa, a gennaio 1946, nel Palazzo di Giustizia di Norimberga, città già tra le “culle” del nazismo, un collegio giudicante formato da 8 giudici (4 titolari e 4 sostituti), nominato da USA, Regno Unito, Francia e Unione Sovietica, cioè i Paesi vincitori della Seconda guerra mondiale, era impegnato a dibattere sulle effettive responsabilità degli alti gerarchi nazisti presi prigionieri dagli Alleati nell’immane catastrofe del conflitto. Il processo era iniziato poco piu’ d’un mese prima, il 20 novembre 1945, e si sarebbe concluso, dopo 218 udienze, il 1 ottobre dell’anno successivo.

Alla grande assise contro il nazismo, e alle sue rilevanti conseguenze per tutta la storia del dopoguerra, Nicola Lofoco, giornalista laureato in Scienze Politiche, collaboratore di varie testate cartacee e online su temi di politica internazionale, terrorismo, Medio Oriente, scrittore, docente di Storia e filosofia, ha dedicato un agile libro, “Il processo di Norimberga”, per la collana ”I giorni che hanno fatto la storia”, edita da “La Gazzetta dello Sport” in collaborazione con “Il Corriere della sera” (Milano, 2023).

Anche se non mancano saggi approfonditi su quest’essenziale avvenimento del ‘900, vero e proprio spartiacque tra il “prima” e il “dopo”, il pregio del lavoro di Lofoco (che s’avvale anche d’una prefazione di Barbara Biscotti, titolare delle cattedre di Storia del Diritto romano e Istituzioni di diritto romano del corso di laurea magistrale in Giurisprudenza all’Università di Milano-Bicocca), è soprattutto l’aver saputo inquadrare in modo sintetico ed esaustivo, accessibile a tutti i lettori, le principali questioni giuridiche e storico-politiche sollevate, a suo tempo, dal grande processo.

Con un occhio, inoltre, costantemente all’attualità di oggi.   Si potevano processare tutti quegli imputati – da Hermann Goring, numero 2 del regime, e Rudolf Hess, fedele “Vicario” di Hitler, ad altri 19 gerarchi politici e militari della Germania nazista – senza che ancora fossero esistite, all’epoca dei fatti, norme precise e codificate per dibattimenti penali di questo genere, vòlti a giudicare violazioni, su scala internazionale, dei diritti inalienabili dell’uomo? Non si violava, così, quello che da sempre era uno dei princìpi fondamentali del diritto – nazionale e internazionale- cioè l’irretroattività della legge penale, dando quindi l’impressione che il grande dibattito di Norimberga non fosse altro che una moderna riproposizione dello spietato “Vae victis”?  

Questo contestarono, al collegio giudicante, i legali di diversi imputati: ai quali, però, il collegio rispose che, in realtà, già vari articoli delle Convenzioni internazionali de L’Aja, di trattati internazionali come quelli di Locarno del 1925 e del trattato di Versailles sulla pace con la Germania del 1919 contenevano norme scritte cui si poteva fare riferimento per la creazione di un Tribunale penale internazionale (traguardo, quest’ultimo, che l’umanità, peraltro, avrebbe raggiunto solo piu’ di 50 anni dopo, tra il 1998 e il 2002).

In effetti, osserviamo, a Norimberga la retroattività fu ampiamente utilizzata dall’accusa; ma – per dirla, ad esempio, con uno studioso specialista della materia come Massimiliano De Prà – si può parlare, al massimo, di retroattività parziale, in quanto le leggi “create” non andavano contro ai princìpi e alle norme emanate in precedenza, ma semmai le ampliavano. D’altra parte, aggiungiamo, è un fatto che, ad esempio, in alcuni processi di diverso tempo dopo, a dopoguerra inoltrato, contro ex nazisti per gravi reati commessi nei lager, si fece tranquillamente ricorso proprio a quello che era stato il diritto tedesco dell’epoca.  

Lofoco ripercorre attentamente il dibattito di quasi un anno sulle precise responsabilità penali degli imputati “con la svastica”: osservando, con forte onestà intellettuale, che una grande assise postbellica sulle atrocità commesse nella Seconda guerra mondiale, per esser veramente completa e obbiettiva avrebbe dovuto affrontare, allora, anche tragedie come Dresda e Hiroshima, o le tante violazioni dei diritti umani perpetrate, sin dagli anni ’20-’30, dai sovietici. Ma ciò non intacca minimamente il grande valore storico di Norimberga per la crescita del diritto penale internazionale: basatasi costantemente sulla tripartizione dei massimi crimini in crimini contro la pace (guerre di aggressione, anzitutto), crimini di guerra (già in parte previsti dalle normative precedenti) e crimini contro l’umanità (com’erano stati la Shoah e le altre persecuzioni su base etnico-religiosa). Che fine hanno fatto i gerarchi nazisti scampati al processo Norimberga? - Focus.it   La lettura della sentenza finale del processo, con definizione di NSDAP, SS. Gestapo e Stato Maggiore del Terzo Reich come organizzazioni criminali, e precisazione delle pene per tutti gli imputati, avviene nei giorni 30 settembre -1 ottobre 1946.Sono assenti Martin Bormann, l’ ”uomo ombra” del defunto Fuhrer, contumace, Josef Goebbels ed Heinrich Himmler, rispettivamente numeri 3 e 4 del regime, anch’essi morti suicidi; come suicida è anche l’altro imputato, l’ex-Capo del Fronte Tedesco del Lavoro Robert Ley. Mentre l’altro “pesce grosso” Hermann Goring è presente, ma riuscirà ad uscire di scena, suicidandosi con una capsula di cianuro (fornitagli da chi?) poche ore prima delle esecuzioni, la notte tra il 15 e il 16 ottobre (60 anni dopo, a marzo del 2006, anch’egli prima di ricevere una sentenza di condanna, e sempre in circostanze poco chiare, scomparirà un altro imputato eccellente della storia, l’ex –Presidente serbo Slobodan Milosevic, chiuso nel carcere de L’Aja del Tribunale Penale Internazionale).    

Dopo la morte di Goring, verso l’una del mattino del 16 ottobre, iniziano le impiccagioni dei condannati. Salgono il patibolo, in rapida successione, l’ex – ministro degli Esteri nazista Ribbentrop, von Keitel, comandante della Wehrmacht, il suo Capo di Stato Maggiore Alfred Jodl, l’ideologo Rosenberg, il volgare Julius Streicher, editore del periodico, violentemente antiebraico, “Der Sturmer” (le cui feroci vignette ispirano tuttora quelle di certi fogli antisemiti del mondo arabo…), Seyss-Inquart, spietato Commissario del Reich per i Paesi Bassi occupati, Frank, capo del governo della Polonia sottomessa, Sauckel, plenipotenziario generale per la distribuzione del lavoro nell’Europa occupata, Kaltenbrunner, già capo del RSHA (l’organismo di coordinamento delle varie forze di sicurezza del Reich) dopo il mortale attentato di Praga a Reinhard Heydrich del maggio 1942, e Frick, dal ’33 al ’43 precursore di Himmler come ministro degli Interni.     Vengono condannati, invece, a pene detentive il “Fuhrer di maggio” Karl Donitz, per pochi giorni successore di Adolf Hitler, il ministro degli Armamenti Albert Speer, già giovane architetto possibile delfino del Fuhrer, Konstantin von Neurath, già ministro degli Esteri sino al ’38, e. il “Fuhrer dei giovani” Baldur von Schirach. All’ergastolo, sono condannati l’ammiraglio Erich Rader, predecessore di Donitz alla guida della Marina (che sarà però poi liberato per motivi di salute), Walther Funk, ministro dell’Economia, e l’ultraenigmatico Rudolf Hess: che in ultimo si suiciderà (almeno secondo la versione ufficiale) nel carcere berlinese di Spandau nel 1987.       

Destano polemiche, infine, le assoluzioni del cattolico Franz von Papen, già ultimo cancelliere di Weimar e Vicecancelliere di Hitler dal ’33 al ’34, poi ambasciatore in Austria e in Turchia;,Hans Fritsche, direttore della Divisione radiofonica del Ministero della Propaganda e principale collaboratore del ministro Josef Goebbels, e il tecnico Hjalmar Schacht, già Presidente della Reichsbank e ministro dell’Economia dal ’34 al ’37, prima di Funk. Assoluzioni decise per la scelta della Corte di tener presenti anche i lati positivi dell’azione dei tre imputati (nel caso di Von Papen, ad esempio, il consistente aiuto prestato, da ambasciatore in Turchia, al nunzio apostolico Monsignor Angelo Roncalli, futuro Papa Giovanni XXII; nel, salvataggio di migliaia di bambini ebrei tedeschi rifugiatisi ad Istanbul).   Completano il saggio di Lofoco, agili schede storiche su temi essenziali come la “resistibile carriera” di Adolf Hitler, la Guerra di Spagna, il Patto d’Acciaio, il massacro delle Foibe, e altro. Per non dimenticare.  

Fabrizio Federici

Fonte : " L'Avanti "